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Autore
Dott.ssa Martina Amigoni
Psicologa
PERCHÉ TI ABBUFFI?
Questa domanda – in apparenza semplice – il più delle volte non trova risposta da parte di coloro che soffrono di disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating) o bulimia. Dopo tutto, per chi non conosce i meccanismi psicologici dell’abbuffata, come sarebbe possibile dare una spiegazione razionale a un disturbo caratterizzato dalla perdita di controllo?
Da un punto di vista psicologico, tuttavia, troviamo una risposta in due principali motivazioni che spiegano il perché dell’abbuffata.
La prima è la ricerca di un “via da” ciò che porta sofferenza. Quando coloro che soffrono di binge eating si trovano ad affrontare un episodio difficile da gestire a livello emozionale, tendono infatti a rifugiarsi nel cibo, unica fonte di conforto e sempre a disposizione oggigiorno.
La seconda è il tentativo di andare “verso” ciò che crea piacere, anche in assenza di eventi scatenanti (trigger) dalla forte portata emozionale. La ricerca del piacere avviene specialmente in momenti di noia, di solitudine o di un vuoto che il cibo è atto a riempire.

abbuffata da piacere
COME MAI SI RICORRE PROPRIO AL CIBO PER TROVARE PIACERE?
Le ragioni sono diverse. Eccone alcune:
- I momenti più gioiosi e “pieni” della vita, a partire dall’infanzia sono i giorni festivi quali compleanni, Natale, Pasqua, aperitivi e cene con famigliari e amici. Si tratta di momenti caratterizzati dalla presenza delle persone che ci stanno a cuore, ma anche dalla presenza del cibo! Il cibo, che ne siamo consapevoli o no, è sempre presente e abbonda in occasioni caratterizzate da gioia, senso di appartenenza e tranquillità. Che se ne sia coscienti o meno, abbuffarsi permette di tornare a quel momento pieno di felicità, piacere, protezione e benessere.
- In presenza di un regime restrittivo, quale quello della dieta, o di un’educazione rigida basata sul sacrificio, sulle critiche, o volta a creare un senso di inadeguatezza, il cibo non fa solo da riempitivo, ma anche da strumento con cui uscire dalla rigidità stessa e dalla scomdità, affermando il proprio potere di scegliere. Anche se si tratta di scelte nocive, abbuffarsi di cibo permette di affermare il proprio diritto di esistere e il proprio potere di decidere su di sé e sul proprio corpo!
- Anche se dopo un’abbuffata il più delle volte emergono emozioni quali senso di colpa, vergogna o disgusto verso sé, il cervello registra ciò che prova durante l’abbuffata stessa. Ogni volta che chiedo ai miei pazienti che cosa provino durante l’abbuffata, ricevo una risposta molto simile a questa: “provo una sensazione di calma, pace, tranquillità. Ho la piena libertà di fare quel che voglio. Non penso a nulla, mi sento BENE!”
- Infine, si ricorre proprio al cibo perché in momenti di difficoltà o di ricerca di piacere, il nostro cervello “pigro” cerca ciò che è maggiormente atto a produrre piacere in modo immediato, e lo ricerca in qualcosa che sia a portata di mano, facile da raggiungere e sempre presente, almeno nella società odierna, e in quantità più che abbondanti: il cibo.
C’è chi per sfogare uno stress o provocarsi il piacere in giornate ordinarie, monotone e un po’ vuote, non solo ricorre al cibo che trova in casa, bensì pianifica l’abbuffata.
L’abbuffata pianificata, inoltre, ha il vantaggio che permette di rifornirsi in un supermercato o negozio, proprio di quel cibo o di quei cibi specifici che suscitano il massimo piacere. Di solito, si tratta di dolci, i quali sono maggiormente atti a suscitare nel cervello una sensazione di appagamento.
COME FUNZIONA LO STIMOLO DI PIACERE?
Il cibo crea una sensazione di soddisfazione e godimento profondo in quanto la sua assunzione stimola i centri del piacere e della ricompensa. A livello cerebrale, questi sono localizzati in diverse aree, tra cui:
- Amigdala: area del cervello limbico implicata nell’orchestrare le emozioni;
- Ippocampo: area del cervello limbico implicata nei processi di memoria;
- Nucleus accumbens: struttura cerebrale implicata nei processi motivazionali e motori;
- Area tegmentale ventrale del cervello mesolimbico: struttura chiave del sistema di ricompensa cerebrale che fornisce la base biologica del piacere e della motivazione comportamentale, attivata da stimoli appetitivi;
- Corpo striato: struttura sottocorticale coinvolta nella pianificazione di una varietà di processi cognitivi, esecutivi e motori, che viene attivata da stimoli associati alla ricompensa.
- Corteccia cingolata anteriore, coinvolta nell’autoconsapevolezza e nella mediazione del comportamento motivato.
Queste aree forniscono la struttura, ossia l’impalcatura che, attraverso una serie reazioni biochimiche regolate dai neurotrasmettitori, rende possibile l’attivazione di sensazioni di benessere e di gioia.
I sette neurotrasmettitori maggiormente implicati nel processo sono:
- Dopamina: ormone della motivazione e del benessere;
- Serotonina: ormone del buon umore;
- Endorfine: ormone implicato nel dare felicità e nella diminuzione del dolore;
- Ossitocina: ormone associato all’amore e all’affettività;
- Adrenalina: ormone dell’energia e della vitalità
- Gaba: atto a ridurre lo stress e l’ansia e a calmare il sistema nervoso;
- Feniletilamina: associata all’euforia.
DIPENDENZA DA CIBO: QUALI SOLUZIONI?
Il circuito del piacere e della ricompensa viene stimolato dal cibo in una maniera simile a quanto avviene nel con sostanze che provocano la dipendenza. Il tema meriterebbe un approfondimento a parte, ma in questa sede intendo fornire alcuni spunti utili a
- Chiedersi se il cibo sia veramente necessario e se la rinuncia allo stesso provochi sensazioni fisiche ed emozioni fortemente negative, paragonabili a uno stato di astinenza (non semplice fame), che possa essere placata solo mangiando o abbuffandosi;
- Provare a ricercare il piacere anche in altre attività che non implichino l’assunzione di cibo o di sostanze. Sperimentare diverse modalità per occupare il tempo fino a trovarne una capace di dare profondo appagamento e soddisfazione, può essere una via di uscita dal problema, o quanto meno un modo sano per allontanarsi dallo stesso mentre si lavora sullo stesso a un livello più profondo;
- Rivolgersi a un professionista affinchè possa aiutare, attraverso un percorso psicologico, a comprendere il problema e a trovare le strategie più efficaci al fine di uscire dallo stesso. Ogni percorso deve essere cucito su misura del paziente, della sua storia e delle sue necessità.
Imparare a rinunciare alla propria fonte di piacere può fare paura, eppure può essere l’inizio della scoperta di sé e di un senso più profondi di felicità.