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Introduzione
Cosa succede quando si decide di seguire una dieta restrittiva?
Solitamente, l’inizio di una dieta dimagrante coincide con il prepararsi mentalmente a un periodo di sacrifici e di restrizioni dal punto di vista alimentare, finalizzato a plasmare l’aspetto fisico e a perdere del peso.
La motivazione a seguire una dieta implicante rinunce, di solito si accompagna all’adozione di schemi mentali e di credenze rigide, di stampo perfezionistico e assolutistico, sopportabili per il tempo stabilito dalla dieta stessa.
Questo periodo spesso si accompagna all’acquisizione di conoscenze circa le proprietà dei cibi, che vengono etichettati come “permessi” o “proibiti”.
Specialmente con le diete fai-da-te, ciò che spesso accade è quindi attuare un completo controllo su ciò che si mangia, escludendo dal proprio regime alimentare tutti i cibi “vietati”, che di solito coincidono con quelli più appetibili e calorici, e a concedersi solo quelli “permessi”, che tuttavia sono tendenzialmente i meno desiderati da un punto di vista mentale o emotivo.
Ne consegue che ogni eccezione alle regole autoimposte o imposte dalla dieta prescritta, siano vissute come trasgressione vissuta con un forte senso di colpa.
La piccola concessione o trasgressione agli schemi perfezionistici, in virtù della credenza “tutto o nulla”, rappresenta molto spesso l’inizio dell’abbuffata.
La difficoltà principale è quella di trovare un equilibrio, il “giusto mezzo”, come insegna Aristotele.
Vediamo uno ad uno i passaggi sopra descritti.
La dieta
La dieta, termine che vorrebbe indicare “regime alimentare”, inteso come stile di vita, è entrato nel nostro linguaggio con un’accezione esclusivamente restrittiva. Il condizionamento…
In quanto il divieto crea desiderio, quando si segue una dieta molto rigorosa, è frequente che la mente inizi a posarsi continuamente su ciò che è vietato: il cibo. Questo meccanismo fa da apriporta alla fame emotiva e all’insorgere di voglie incontrollabili che portano all’ingestione di grandi quantità di cibo in tempi brevi. Seguire una dieta troppo restrittiva può dunque aumentare il rischio di abbuffate, che possono essere particolarmente dannose per la salute, in quanto generalmente si tratta di alimenti ricchi di grassi e zuccheri ingeriti a gran velocità e in poco tempo.
Inoltre, quando si segue una dieta si è portati a farlo seguendo schemi restrittivi e perfezionistici che possono generare una serie di emozioni negative quali ansia, frustrazione e senso di colpa.
Una dieta restrittiva può anche portare a un aumento dei livelli di stress e ansia, che possono poi indurre ad abbuffarsi. Inoltre, limitando drasticamente l’assunzione di cibo, si tende ad avere meno energia e quindi la persona potrebbe sentirsi più incline all’abbuffata per compensare questa mancanza
Emozioni e cibo
Al cibo sono connessi significati.
Il cibo, oggigiorno e nella nostra cultura, non è solamente un mezzo necessario alla sopravvivenza, ma è intriso di connotati sociali ed emotivi. Il cibo
Il nostro modo di mangiare è quindi spesso connesso al nostro modo di esprimere e di gestire le emozioni. Mangiare diviene la maniera attraverso cui dare loro uno sfogo, o concedersi un gesto di conforto.
Privarsi di questa possibilità può generare forte frustrazione e stress che, se non veicolati o gestiti in altra maniera funzionale, possono risultare in una perdita di controllo totale: l’abbuffata, ossia la trasgressione alle regole che hanno generato stress.
Le regole
Esistono diversi tipi di diete e diversi tipi di regole. Eccone una classificazione:
- Dieta prescritta da professionista. Quando ci si rivolge a un dietologo, dietista o nutrizionista, sarà lui o lei a dettare le regole, possibilmente “negoziando” con il paziente in base alle sue preferenze o necessità. Quando le regole vengono dall’esterno, possono essere sofferte e la loro trasgressione può comportare un senso di colpa derivante dal non essere stati capaci di soddisfare le aspettative del professionista, di altre persone a conoscenza della dieta, ma anche dall’avere “tradito” se stessi e i propri propositi.
- Dieta fai-da-te: se la dieta è una scelta e viene iniziata per seguire un proposito personale, le regole vengono imposte dall’interno. Questo non significa che siano meno valide o rigide. Uno sgarro può essere infatti vissuto con altrettanto senso di colpa, che può fare da apriporta a una perdita di controllo sul cibo.
- Etichettare i cibi: come “permessi” o “proibiti”, “concessi” o “vietati”: questo avviene quasi sempre nel corso di un disturbo del comportamento alimentare, che si tratti di Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa, Binge Eating o di nuovi disturbi quali Ortoressia o Vigoressia. L’etichettamento è spesso fonte di rigidità che non lascia spazio all’errore: o si fa tutto perfettamente, o ci si lascia andare.
Due credenze estreme: “tutto o nulla”
Chi si abbuffa è il più delle volte una persona molto esigente verso se stessa. Al di là dell’aspetto fisico magro o grasso, è una persona perfezionista nel lavoro, nella attività che fa, quali la cura della casa e nella cura di alcuni aspetti personali.
L’unico che sembra uscire dal suo controllo è proprio il rapporto sul cibo.
Un fallimento nell’attendere le aspettative proiettate su di sé, in virtù della rigidità applicata, fa quindi da apriporta alla necessità di compensare gli sforzi fino ad allora compiuti, e al doversi concedere tutto quello che si vuole, abbuffandosi.
Dal sacrificio al lasciarsi andare, dal perfezionismo alla perdita di controllo sul cibo, dalla dieta perfetta all’abbuffata.
Mangiare per nutrirsi
Un altro aspetto rilevante è che il più delle volte, l’abbuffata avviene da soli, di nascosto. Questo avviene non solo per l’imbarazzo e la vergogna che si provano nell’essere visti mentre si mangiano quantitativi di cibo molto elevati, ma anche perché mangiare cibi calorici o comunemente ritenuti poco salutari è da molti giudicato come segno di debolezza.
Quelle persone che vogliono restituire ad altri (conoscenti, famigliari, amici) un’immagine di sé come persona forte e determinata, così come quelle persone sovrappeso che non vogliono sentirsi stigmatizzate ulteriormente, non si danno il permesso di mangiare determinati tipi o quantità di cibi in pubblico e finiscono per abbuffarsi di nascosto.
La paura del giudizio è quindi complice della trasgressione, la quale rappresenta un momento di liberazione, in cui finalmente potersi lasciare andare, essere stessi. Un momento di tranquillità che dura fino all’emergere dei sensi di colpa per il troppo cibo ingerito.
L’abbuffata punitiva
In certi casi, alla trasgressione può seguire un’auto-punizione.
Questo avviene soprattutto quando si percepisce un vissuto di incapacità, impotenza e di inadeguatezza derivante da eventi stressanti di varia natura o da una trasgressione seppur minima della dieta
L’accumulo di emozioni percepite negativamente, così come l’auto giudizio, l’autobiasimo e il senso di colpa, possono portare a ricercare uno scarico del malessere proprio nel cibo.
In questi casi si parla di abbuffata punitiva che funge mezzo di sfogo psicologico ed emotivo.
Cosa fare
Ecco tre consigli su come evitare che una trasgressione si trasformi in un’abbuffata.
- Smettere di pretendere da sé la perfezione e imparare a concedersi la trasgressione, senza però pensare che sia tale. È opportuno domandarsi se effettivamente abbia senso essere così categorici, per poi imparare a vedere il cibo per quello che è e accettare che possiamo avere una fame mentale. Ascoltando il corpo e mettendo in pratica i principi di Mindful Eating, si noterà che la fame mentale passerà in fretta, e si apprenderà a seguire poi il fabbisogno fisico.
- Comprendere che cosa il cibo significa per sé: che significato ha? Come mai è proprio mangiando che si sfogano le emozioni?
- Imparare a gestire le emozioni: che si tratti di ansia, rabbia, depressione o euforia, è opportuno notare che il cibo può rappresentare un modo “efficace” di gestirla solo per un tempo breve, ma non nel lungo termine. Imparare a gestire opportunamente le emozioni può richiedere il supporto di un percorso professionale, utile anche nel caso in cui il rapporto con il cibo sia stato condizionato da un vissuto difficile o da esperienze traumatiche.
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